Dizionarietto Panormita

By mercoledì, dicembre 12, 2012 , , ,

Emilio Isgrò, Grande Dizionario Enciclopedico, 1969, china su libro tipografico

Abbuttatu - Gonfiato. In senso figurato, sdegnato, scocciato. «Piritu abbuttatu» (cioè peto o scorreggia gonfiata) è un modo di dire che può ben adoperarsi per designare molti personaggi del nostro tempo, che ritengono che i loro emolumenti siano proporzionati ai loro meriti.

Appagnatu - Impaurito, insospettito. Timoroso, soprattutto detto per le bestie. Da un pò di tempo adoperato anche per il genere umano. Ad esempio, chi riceve da parte dell'Ufficio delle Imposte una notifica o qualcosa del genere, può ben dire agli amici di essere «appagnatu».

Accattari - Comprare. «Accattari un picciriddu»: Termine di significato non mercantile usato sino a poco tempo fa dal falso perbenismo per indicare la nascita di un bambino secondo la prassi di madre natura. Oggi in disuso in quanto ormai le quattordicenni sanno che i bambini non si comprano al supermercato.

Ammàtula - Dal greco «màten» (invano). In dialetto siciliano conserva lo stesso significato: invano, indarno. Molto usato il modo di dire: «Longu ammàtula», per indicare un individuo che, pur avendo prestanza fisica, è scarso di intelletto. I «longhi ammàtula» di nostra conoscenza sono talmente numerosi da potere formare una vera e propria associazione o costituirsi in sindacato.

Camurriusu - Persona noiosa e rompiscatole. Dalla parola del dialetto siciliano «camurria», fastidiosa malattia venerea, adoperata anche per indicare qualsiasi fatto o circostanza che disturba e non riesce gradita. l'individuo «camurriusu», di solito, riesce con le sue arti ad ottenere ciò che vuole demolendo ogni capacità di difesa dell'avversario.

Cassariote «Belle di notte» del buon tempo antico, così dette in quanto dedite a «battere» i marciapiedi del Cassaro.

Cianè - Termine del gergo palermitano per indicare un individuo di basso ceto, se non appartenente all'ultimo gradino della scala sociale.

Coppo - Involucro cartaceo racchiudente rifiuti di vario genere che di solito, nottetempo, viene lanciato dal balcone sulla pubblica via. L'introduzione del «sacchetto a perdere» in plastica e l'utilizzazione dell'antica tecnica dinamica del coppo consentono a molti cittadini della felice capitale dell'Isola di risolvere in modo molto sbrigativo il deposito delle immondizie a piano terra.

Fuitina - Significato letterario: «piccola fuga». In realtà: anticipazione matrimoniale, con il consenso dei due «colombi» ed il falso sdegno dei genitori della fanciulla «disonorata». Seguono, dopo breve tempo, le nozze riparatrici. La sposa, di solito, si reca all'altare in abito bianco. Soltanto i boccioli dei fiori d'arancio sono dischiusi ad indicare che ormai la fanciulla sa come nascono i bambini.

Intrunatu - Stordito, come chi essendo colpito dal fulmine (in siciliano tronu), pur rimanendo illeso, resta scioccato. La maggior parte degli intrunati di nostra conoscenza (e sono molti) però non sono stati mai colpiti dal fulmine, per cui questa loro qualità deve ritenersi esclusivamente un dono di natura.

'Ncunnatu - Chi fa qualcosa alla peggio, in modo disordinato. Chi, ad esempio, lasciando aperto il rubinetto del gas uccide la suocera può, tra l'altro, definirsi «'ncunnatu».

Palazzo delle Aquile - Palazzo di città, attuale sede dell'Amministrazione comunale. E' incerta l'origine del suo nome; si esclude, comunque, ogni riferimento agli 80 consiglieri che ivi seggono.

Riversu - Contrario, opposto a diritto. In senso figurato, discolo, disordinato, ecc. Molti, parlando del proprio figliuolo - una vera e propria peste - dicono, amorevolmente, che «'U picciriddu è riversu». Noi, più semplicemente, invece diremmo che «il bambino è un gran maleducato».

Scannaliatu - Alla lettera «scandalizzato», ma in effetti, «scottato e, quindi accorto per l'avvenire». Il modo di dire «Mi chiamu scannaliatu» vuol precisamente significare: «ci sono cascato una volta, ma non ci casco più». Valga come esempio il cittadino ingenuo che si presta a fare testimonianza per un incidente stradale.

Schifiu - Schifo, porcheria. Adoperato in senso figurato assume un ben più preciso significato. Il modo di dire: «A schifiu finì» può adoperarsi come commento di molte vicende della nostra città.

Sdrudusu - Secondo il dizionario del Traina, aggettivo da attribuire a chi si compiace far dispetto o apporta rodimento e cruccio. Ad esempio, chi rivolgendosi al deputato trombato nelle elezioni politiche, gli sussurra maliziosamente «sarà per la prossima volta, onorevole», può senza alcun dubbio definirsi «sdrudusu».

Sgarrare - Secondo il dizionario del Mortillaro: «Prendere errore o sbaglio, fallire, errare, perdere la strada». Dicono le cronache che di molti che hanno «sgarrato» non si ha più alcuna notizia. La Polizia, però, indaga.

Spertu - Pratico, esperto, pronto, d'ingegno vivace. Ma, meglio, furbo, anzi, furbastro. «Essiri spertu», chi per scaltrezza è solito fregare il prossimo. Il vocabolo ben si adatta al modo di dire: «se non ci fossero i fessi, non ci sarebbero gli scaltri» e cioè «'i sperti».

Stinnicchiu - Finto ed affettato svenimento delle donne dei rioni popolari, equivalente alla «crisi» più o meno isterica della signora «bene» dei quartieri alti, curabile con i sali o ricorrendo allo psicanalista.

Sucainchiostru - Alla lettera: succia inchiostro. Termine adoperato in senso dispregiativo per indicare l'ufficiale di scrittura nostrano che ritiene di essere una delle divinità della burocrazia isolana. L'invenzione della penna tipo «biro», anche se ha fatto parzialmente cadere in disuso questa parola, non è però riuscita ad eliminare il complesso di superiorità di molti dei predetti «sucainchiostru» che con la loro presenza animano le sonnolenti giornata lavorative in molti uffici della capitale della Regione siciliana. (Cacioppo, 1832)

Tirapiedi - Aiutante del boia. Nelle esecuzioni capitali per impiccagione si aggrappava ai piedi del condannato per aumentarne il peso ed affrettarne la morte. Il vocabolo viene oggi impiegato per indicare il tipo del collaboratore tuttofare. Se, ad esempio dicessimo che «il dottore Tizio è il tirapiedi dell'Onorevole Caio» non si lederebbe la suscettibilità nè dell'illustre parlamentare nè del suo segretario particolare.

Truvatura - Tesoro occulto ritrovato. Fortunato avvenimento inaspettato. Termine oggi sostituito dalla parola «Sisal». «Si pigghiu a Sisal...» è la frase introduttiva con cui di solito si rivolge un affettuoso pensiero al «principale» ed in genere alle superiori autorità.

Unza - Oncia. Antica unità di peso siciliana. L'oncia alla grossa adottata a Palermo equivaleva a gr. 66,12. Il vecchio pensionato di idee conservatrici non dirà mai un etto, bensì «un'unza e mezza», il che equivale allo stesso peso.

Vastasu o Bastasu - Dal greco «bastazo» (portare, sollevare). I «vastasi» nei secoli scorsi formavano a Palermo una maestranza addetta al trasporto di cose pesanti e carichi in genere (vastasi di cinga, cioè trasportatori di carichi per mezzo di cinghie). Dal comportamento e dal linguaggio di questa categoria di lavoratori il termine è passato ad indicare persona il cui modo di fare non è certamente «da salotto». In Sicilia «vastasu» è anche detta la trave di colmo del tetto, cioè quell'elemento dell'intera orditura in legno che sopporta il maggiore carico. Anche se oggi l'antica ed autentica maestranza dei «vastasi» si è estinta (sostituita dai moderni facchini o portabagagli), la schiera dei vastasi in senso figurato si è invece fatta sempre più numerosa, in ogni luogo e presso ogni ceto sociale. Ultima istituzione è quella del «vastaso motorizzato» della domenica non disposto a fare la fila e che rende sempre più caotico il già pesante traffico dei giorni festivi.

Virrina - Succhiello. Strumento da forare che ha punta a spire. Persona che fa imbrogli o rigiri. In senso figurato si adopera per indicare una persona  che con le sue arti riesce ad insinuarsi in ogni circostanza od ambiente. Specifica virtù attraverso la quale quasi sempre si riesce ad assurgere alle più alte cariche della burocrazia.

[Tratto da: Almanacco Popolare Palermitano, a cura di Rosario La Duca, 1980 - Palermo]

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